Museo all'aperto

Alessandro Mendini, 2007

La città può essere letta, vissuta e interpretata come un “museo all'aperto”.
La scena urbana ha un obiettivo preciso, consiste nel progetto del bello e delle forme degli spazi pubblici.
A questa utopia del bello nella città ci riferiamo con l'idea di andare oltre all'idea tardo funzionalista dell'arredo urbano. Le piazze, le strade i mercati, le passeggiate e i loro allestimenti vanno considerate come opere estetiche, come spezzoni di teatro esterno dotati di senso emotivo e antropologico, adatti a coinvolgersi profondamente con gli abitanti, ad essere dei palcoscenici per i cittadini.
L'architetto, il designer, l'artista, lo scenografo, il grafico, il progettista delle luci, sono gli operatori di queste opere integrate, siano esse grandi o piccole.
Per trovare la sua motivazione profonda, la radice del suo essere, il disegno urbano deve attingere e collegarsi a culture precedenti a quelle industriali. In sostanza, l'arredo della città deve porsi come scenografia.
Si tratta del preciso genere di un'architettura non destinata a contenere, fatta di quinte, di pavimenti, di chioschi, di singoli oggetti, tutto inteso come opera d'arte: come MUSEO ALL'APERTO.
I giardini barocchi, le fontane di Roma, le piazze medievali, gli spazi zen sono i referenti lontani di questo atteggiamento progettuale. E poi la presenza di opere d'arte nella città, un sistema di punti nodali ad alta intensità emotiva, adatti a fare da referenti emblematci per il cittadino che si deve spostare: un patch-work estetico e visivo, ed ancora ripeto: un “ museo all'aperto”.