Veneziano

Alessandro Mendini
Giugno 2008

A me è sempre piaciuto fare dei disegni. Piccoli, schematici. Pochi segni.
Il disegno è per me il modo di trasferire su carta delle idee “interiori”. Il disegno è, nella mia esperienza, la matrice originaria del progetto, ma anche qualcosa d’altro: una specie di scacciapensieri. Il movimento della mano sul foglio è come una coreografia, la mano che va avanti e indietro, torna su se stessa, e produce una sorta di ragnatela…
Vedo nei miei disegni la capillarità, la pulviscolarità di cose un po' nebbiose, tremolanti e incerte. Il sogno di trarre l’ordine dal caos. Certo, a volte disegnare equivale a una pratica zen: ti metti lì a fare righe e righe, e ti estranei dal mondo,serve a decantare la mente. I miei disegni sono per me molto importanti, più importanti degli oggetti e delle opere che realizzo: esprimono il mio rapporto col mondo e con le cose, sono un filo diretto, non mediato.
Il mio legame con il mondo è più mentale che corporale. Del mondo mi interessano più le relazioni psichiche che non la fisicità. Per questo sono più sensibile a entrare in contatto con la psicologia di una persona che a guardare il paesaggio del mare.
Certo, so benissimo che ci sono cose assolutamente affascinanti nella natura, però in linea di principio mi interessa di più l'umanità che la naturalità.
Sono una persona precisa e questo implica il dettaglio, la miniatura. Il mio procedere è quotidiano. E’ un esercizio continuo. E’ un metodo continuativo, un vero lavoro.
Non mi piace l'album da architetto. Quando viaggio non faccio neanche un disegno. Non ho mai mitizzato i miei disegni, sono fogli di lavoro.
Salvo qualche pennarello o qualche matita colorata, uso quasi sempre la penna più geniale del mondo: il tratto clip. In qualche occasione ho usato anche la matita. La gomma non la uso mai.
La mia grafia è costante. Lo vedo anche nella scrittura. Io ho sempre scritto a mano. E’ la mia ginnastica, mi ossigena, mi fa respirare.
Nel mio disegno c'è sempre un po' di Mickey Mouse. Mi piace il segno ironico, mi piace l'oggetto che fa performance. L'ironia è anche una modalità di fuga.
I miei disegni sono piccolissimi. Sono atti primari della mia comunicazione. Sono dei pensieri allo stato di proto-forma: embrioni artigianali allo stato nascente…
Preferisco la misura piccola, tra l’altro, perché non è impegnativa dal punto di vista muscolare. E' mini-ginnastica. Di fronte a un un foglio di dimensioni molto ampie, mi affatica l’idea di dover compiere un movimento troppo grande, lungo e complesso.
Il disegno non può avere delle righe che non significano niente, anche quando scrivi delle parole ognuna di esse deve avere un significato. Che usi il disegno o le parole, credo comunque di compiere – in ogni caso – un’operazione difficile. Ed anche le parole sono dei disegni.