Francesco Comoglio

Alessandro Mendini
Maggio 2008

Quella di Francesco Comoglio è stata la storia esemplare di un dirigente industriale di quello che fu il bel design italiano. Uno di coloro che ne hanno fatto la storia. Nel vasto spettro delle sue varie responsabilità, Comoglio è stato un grande design manager, nel modo e nel senso storicamente e tipicamente italiano del suo comportamento. Come capo per tanti anni dell'Abet Laminati, cioè di una raffinata e forte industria votata a realizzare con tecnia perfetta i notissimi pannelli di rivestimento, egli ne ha intuito ed enfatizzato la valenza estetica, portando l'Abet ad essere, appunto, una fabbrica esemplare, moltiplicatrice delle immagini più tipiche del nostro design. In maniera diretta, in quanto luogo di effettivi prodotti estetici, ovvero i pannelli in sé, con il loro articolato catalogo; e indiretta, in quanto fabbrica fornitrice di tutti quei pannelli che hanno permesso agli architetti di generare i più intriganti capolavori degli ultimi quaranta anni, risolvendo le più disparate superfici. Dai mobili alla cucine, dai pavimenti alle facciate degli edifici, Comoglio ha capito che il suo materiale aveva la forza intrinseca di provocare una quantità infinita di ornamenti. Una specie di materiale miracolo, un materiale da Re Mida: dei fogli di carta pressata che diventano oro, come per esempio nel caso della torre dorata del Museo di Groningen in Olanda. Ed ecco allora un catalogo straordinario di prodotti dalla duplice valenza: quella tecnica, sviluppata con una sofisticata ed ammirevole attidudine alla ricerca e alla novità tecnologica e prestazionale, e quella visiva, strettamente legata alla prima, aperta ad espliorare spazi pittorici infiniti. L'apertura alla ricerca visiva è stata il grande atto di genialità di Francesco Comoglio, questo signore gentile, calmo, garbato, attento, e sempre disponibile alle richieste di noi architetti di provare, trovare, inventare, provocare. Così poco a poco l'Abet Laminati è diventata negli anni settanta e ottanta, con la consulenza di Paola Navone, un centro propulsore di immagini di fondamentale importanza nello scenario internazionale. La famosa quadrettatura di Superstudio, i mobili di Alchimia, i mobili di Memphis, i “vermicelli” di Sottsass: sarebbero esistite queste cose lo stesso se non ci fosse stato il signor Comoglio? E nel mio caso: le facciate fantasiose del Museo di Groningen, della piscina olimpionica di Trieste, delle fabbriche Alessi, eccetera? Sotto l'aspetto teorico il gruppo di autori che ha lavorato attorno a Comoglio, tutti apartenuti all'area culturale del radical design, ha sviluppato con l'Abet quel sistema di segni, di alfabeti e di colori che ha generato il primo atto del “ritorno alla decorazione”, in quanto forma di racconto sopra l'oggetto. Dopo la lunga stagione che prima degli anni settanta aveva trattenuto la pelle degli oggetti entro stretti confini paternalisti e calvinisti, il Signor Comoglio, questo uomo riservato, discreto e pacifico ha messo nelle mani di noi, ex-contro-designer, una specie di bomba, uno strumento straordinario di esplosione caleidoscopica di energia visiva quale raramente si è dato nella storia del design. E per questa grande esperienza gli rendiamo omaggio, e proprio tutti gli siamo grati.