Riccardo Dalisi

Alessandro Mendini
Febbraio 2008

Sono tempi di architetture enormi, gigantesche, che incidono sulla superficie della terra con dura arroganza. Esse violentano i luoghi, la natura e le persone. La loro strabiliante bellezza è solo di tipo realistico, la formula della loro invenzione compositiva è tutta contenuta e risolta nella esasperazione tecnica. Ricerca tecnica e ricerca sui materiali, infiniti generi di materiali sofisticati. Un realismo dove il virtuosismo tecnico diventa esso stesso il solo fine dell'architettura. Le star dell'architettura contemporanea sono dei violenti stilisti, le loro forme esprimono solo styling. Il progetto di Riccardo Dalisi per l'Albergo dei Poveri di Napoli è l'opposto di questa fredda non-utopia tecnicistica. Quella di Dalisi invece è una utopia umanistica. Una sfida antropologica.

L'architettura oggi è arrogante. Una bellezza, un virtuosismo, una enorme capacità indirizzata al male. Alle star dell'architettura nulla interessa dell'uomo. L'edificio deve essere grande, grandissimo, enorme ed è solo fine a se stesso. Non è un monumento. La sua scenografia sbalordisce e si risolve nella meraviglia della sola visione. La motivazione umana è assente. Il committente, il principe è la pura e sola economia, è in gioco solo il gioco astratto e cosmopolita del denaro.

Anche l'immagine del grande progetto di Riccardo Dalisi esprime virtuosismo tecnico. Ma la sua tecnica rende esplicito un messaggio, è l'ingranaggio per una visione romantica. E' motivata dall'utopia di una trasformazione profonda del mondo, che parte dai disagi e dai desideri di cambiamento epocale della persona umana. Invece che immagine tecnica, il nuovo Albergo dei Poveri di Dalisi è una figura geometrica che esprime un concetto di cambiamento mentale, e che trae energia e si integra e innesta profondamente nella storia. Un'utopia architettonica esemplare impensabile certo nella sua interezza, ma possibile in quanto organigramma metodologico.