Architettura Ermafrodita

Alessandro Mendini, Architetture Sussurranti, Studio Alchimia, 1978

Questa “Architettura Ermafrodita” (una piccola sconcertante e sensuale costruzione antropomorfa dell’aspetto poetico, neoclassico e drammatico) è provocatorio nei confronti del progetto tipico della storia e dello spazio architettonico, che ha sempre espresso concetti di forza, di sintesi, di dominio, di erezione, di programma. Quanto all’ipotesi di un’architettura femminile, gli esperimenti in atto ne dimostrano l’impossibilità, data la contraddizione in termini fra l’atto intellettuale del costruire (tipico dei maschio) e l’atto organico del generare (tipico della femmina). La possibilità perciò nel futuro di una architettura non monumentale, non violenta, non demagogica, non univocamente funzionale e tantomeno estetica, è legata a un’ipotesi poetica, ludica, ambigua, sessuale, caotica, a un “De-progetto” di genere ermafrodita. Per stare alle definizioni che oggi vengono attribuite all’architettura, l’ipotesi di Mendini sembrerebbe più “neo-moderna” che “post-moderna”, perché indirizzata a porre in stato di tensione positiva e cinica - anziché di crisi romantica - i principali elementi in gioco dei progetto contemporaneo.