100 Capolavori in copia

Alessandro Mendini, Alchimia 1986

Il mondo naturale non esiste più, il mondo è diventato tutto e completamente artificiale. La vera “naturalità” dell’uomo consiste nel procedere del suo metodico programma di allontanamento dalla natura. Sono scomparsi i confini fra il vero e il falso, tutto è diventato finzione, persone e cose sono oggi come il souvenir di se stesse, il bisogno di “maschera” è enorme.
Ecco perché, dal punto di vista teorico e polemico, una “Mostra dei FINTI dei cento capolavori della storia della pittura” risulta un avvenimento culturale di grande attualità e importanza.
Fra le molte sfide del creatore post-moderno c’è quella di “re-inventare”, di “copiare” e di portare a nuova vita (e a una nuova “lettura”) il CAPOLAVORO STORICO, che per la sua naturale vecchiezza viene letto come antico, e pertanto come scarico e sorpassato (cioè incapace di produrre ulteriori emozioni). ecco perciò l’interesse polemico per i FINTI CAPOLAVORI. Non esiste avventura più bella, per un artista di oggi, che quella di calarsi nel meccanismo creativo di un’opera del passato.
Lo stesso uomo del museo delle cere è stato sostituito dall’uomo iper-realista di plastica, più vero del vero. E alla rovescia, oggi addirittura succede che le opere vere, per essere credibili ancora, debbano sembrare finte: la loro pelle viene stirata, lucidata e restaurata, ogni sua realtà deteriorata deve perdere il richiamo dell’invecchiamento, occorre un bagno di neutralità, va resa promiscua l’identità, pena il dimenticatoio. Vedi, in proposito, il restauro “duro” della Cappella Sistina.
Una cosa è vera se sembra finta ed é finta se sembra vera. L’idea è di scavalcare e superare la fantasia del creatore originario. Ecco allora un miraggio da Re Mida: quello di trasformare tutto il mondo magari non in oro, ma in “finzione”. La caducità dei valori, crescente oggi a girandola, ci porta dritti dal passato remoto, al normale passato storico, alla curiosità del neo-passato (quello vissuto personalmente), infine al brivido del neo-futuro.
Avviene il processo dell’istantaneità antiquariale di ogni cosa (e persona). L’aumentare parabolico dei cambiamenti del gusto conduce a una specie ai “circolarità del tempo”, all’azzeramento temporale del concetto di antichità, a concepire la possibilità di oggetti e dipinti, per così dire, “senza tempo”, validi al di fuori della loro autenticità. Il problema dell’autenticità diventa ambiguo, aperto e sfumato: se accetto l’atteggiamento “a girando là”, devo preferire un quadro vero oppure uno antico? Che differenza passa fra un’opera “falsamente autentica” e una “autenticamente falsa”?