Nuovo uomo decorativo

Alessandro Mendini, Bauwelt 1986

L’uomo moderno ha davanti a sé, come da molti anni, i grandi problemi della sopravvivenza: ambiente, energia, fame, guerra nucleare, diritti umani.
L’estrema complessità delle variabili in gioco gli impedisce di prendere decisioni a lunga scadenza.
L’epoca di transizione, che rende l’uomo assieme decadente e primitivo, spezza il pensiero in tanti frammenti che impediscono l’esistere dì visioni generali del mondo.
Comunque è certo che c’è grande bisogno di differenziazione, di meditazione, di “altro”: il bisogno mistico non è più latente, e grande è il disagio verso la razionalità, i cui modelli risolutori ci hanno troppo deluso.
Privo di obiettivi certi, l’uomo moderno ha “conquistato” una certa “superficialità”. L’uomo moderno è DECORATIVO.
Allora: perché, cosa, per chi, come e dove lavora il progettista designer?
Succede spesso ormai di entrare in una mostra di design, e di non capire se invece si è dentro a una mostra d’arte: la novità consiste nel fatto che oggi l’oggetto di design si confonde con l’oggetto d’arte. Sta nascendo un nuovissimo fenomeno nel mondo del design, quello che potrebbe essere definito come “Design Pittorico”.
Cercherò di spiegarne le motivazioni.
Ci sono due parole fra loro Opposte: le parole “dipingere” e “progettare”. Sembra che oggi il desiderio di alcuni sensibili giovani designers sia quello di “dipingere” invece che “progettare”. Dipingere vuole dire infatti emettere dei Segni (diretti e senza intermediari), ovvero il dipinto è una cosa molto diversa da quello che tradizionalmente si intende come progetto, perché non comporta ipotesi di previsione, di organizzazione e di uso. Il compito della pittura “non c’è”, il suo unico e sintetico status consiste tutto nel porsi come comunicazione di sensazioni, come fenomeno del consumo di sé, come elencazione di valori solo personali. La motivazione del dipinto non sta nella sua efficienza, la sua realtà consiste tutta nella cura con cui esso viene elaborato, nella poesia che esso contiene.
Se il designer oggi non trova obbiettivi certi, se “non sa” cosa e per chi e perché progettare, se sa che il suo progetto vero e istituzionale è chiuso al futuro, se non sa pensare a trasformazioni generali e razionali e a visioni globali del mondo che gli consentano di ipotizzare un’utenza, allora egli si concentra in se stesso, cerca pezzi di pensiero visivo dentro di sé, con la sola idea di fare vivere il dipinto, la sua vocazione espressiva, al di là della funzione. Egli decide di intendere anche l’oggetto tridimensionale come fosse pittura.
Inteso come pittura, questo fenomeno è “freddo” (in quanto anti-pittura); inteso invece come design il fenomeno è “caldo” (in quanto anti-design.).
Una attività, una visione poetica del mondo adatta al NUOVO UOMO DECORATIVO, a quell’uomo che oggi, alla fine delle ideologie, ha conquistato e raggiunto una realtà di genere estetico.
Al progettista pittorico non interessano le discipline quando sono considerate all’interno delle loro norme. Anzi, per lui è importante indagare nei grandi spazi liberi esistenti fra di esse, non gli occorre sapere se sta facendo pittura, scultura, architettura, arte applicata, teatro o altro ancora. “Pittorico” è il comportamento che agisce al di fuori del progetto, in uno stato di neutralità disciplinare e concettuale, dove possono mescolarsi artigianato e informatica, tecniche, metodi, forme, materiali e tradizioni attuali e inattuali.
Questo gioco pittorico infradisciplinare è stretto dentro al rigore delle sue regole, la sua polemica è solo pittorica. I giochi linguistici si intrecciano, si combinano all’infinito nell’astrazione delle linee e delle superfici disegnate, in un sistema valido all’interno di sé. Il vagare indeterminato della mente dà luogo alla elaborazione di forme infinite nell’attitudine eterna dell’uomo che il designer fa sua, a ridisegnare incessantemente l’immagine del mondo.
Questa novità europea, che compare sempre più insistente nei dibattiti e nelle mostre di design, si propone come polemica anti-funzionalista. Il designer-artista gioca solo la carta dell’arte, dando come scontata l’esistenza della funzione. E la carta estetica è giocata per via post-moderna, cioè come in un cerchio: tutto quanto vi accade di forme, materiali e colori è forse già avvenuto, con altri sensi, in altre culture ed altri luoghi della grande storia delle arti applicate.
Data l’insufficienza del progetto “vero” a fronteggiare il mondo, esso viene sostituito dalla “visione” personale del progettista: un’opera continua, senza fine e senza giustificazione.