Per Artforum. Column n. 2

Alessandro Mendini, 1986

Un’importante asta d’autunno mette in vendita, a prezzi molto alti i mobili e gli oggetti disegnati da ventuno designers e architetti famosi per le “Affinità elettive”. Sono quelli per la mostra che si tenne alla Triennale di Milano nel 1985, cui parteciparono autori come Ambasz e Aulenti, Botta e Eisenman, Moneo e Site, Sottsass e Venturi. Sono mobili e oggetti d’alto artigianato, per lo più di legno, realizzati in maniera perfetta, ottimi esempi delle correnti post e neo-moderne. Un fenomeno così vistoso di capitalizzazione induce ad alcune osservazioni non solo riguardanti il fatto di cronaca e dì costume, ma pure relative alla sostanza del progetto. La caducità dei valori, che oggi ha raggiunto il punto-vertigine, porta il progetto alla condizione di “antiquariato istantaneo”. L’archeologia, cara all’uomo del Rinascimento, fu il tipo di antiquariato del passato remoto, quando si pensava alla trasmissibilità di valori eterni di secolo in secolo. Ma poi dal “normale” e storico senso del passato si è presto saltati all’idea di neo-passato (quello che noi stessi personalmente viviamo sotto forma di memoria), infine al brivido del “neo-futuro”. L’istantaneità delle variazioni del gusto rende il tempo come fosse “circolare”: il concetto di antichità viene azzerato, si può pensare di disegnare oggetti “senza tempo” e fuori moda per definizione. Fuori, ma assieme dentro la moda, evidentemente, se si accetta la circolarità del tempo: tutto ciò che è nuovo è vecchio, e viceversa. Allora: fine dell’antiquariato tradizionale, nascita del modernariato e, per conseguenza fatale, ecco il “futurariato”. Che non assomiglia, ben si intenda, al design di fantascienza. Significa invece ben altro: cioè che il collezionista, morboso del suo autore, si accaparra le opere di un designer prima che esse siano diventate oggetti fisici e reali, quando ancora sono dentro al cervello del loro autore. Ma significa, ancora più, che cambia profondamente, nella psiche e nell’antropologia dell’autore, il modo di concepire e di pensare alla sua opera. Infatti, pensare di progettare un oggetto di antiquariato è ben diverso che pensare di progettare un oggetto di design! Un prodotto ha le caratteriste dell’ottica con la quale ad esso si guarda: affettive, tecniche, estetiche, commerciali, d’uso...: un mobile può essere inteso sia come oggetto utile (“di design’) sia come oggetto antico o d’arte (ovvero tutto carico della sua potenzialità espressiva). È questo bisogno generale dei progettisti (e delle persone in genere) di sottoporre a un processo di invecchiamento accelerato anche ogni oggetto appena uscito dalla catena di montaggio, che rende lecito concepire (tanto al designer quanto al suo industriale) la versione, per esempio, di un nuovo tavolo egiziano, magari tutto fatto di acciaio... È il bisogno arcaico e antico di mettere nelle stanze di casa oggetti che sembrino avere già vissuto, quasi come fossero consumati da altra gente, ricchi di memorie di luoghi e di culture lontane. Ma se accetto il concetto di circolarità del tempo, che differenza c’è fra il tavolo egiziano autentico e il suo souvenir contemporaneo? Affiora allora ambiguo il tema dell’“auteniticità”. È più giusto un tavolo egiziano “finto-moderno” (prodotto in serie di antiquariato industriale), oppure è meglio un tavolo davvero antico? Quale di essi ha più valore, e quale contiene più significato? Che differenza c’è fra un oggetto “autenticamente falso” e uno “falsamente autentico”? Credo che problemi più o meno di questa natura passino non solo nella mia, ma anche nella mente degli altri progettisti delle “Affinità elettive”, quando vedono andare all’asta un loro mobile per cifre attorno ai 50.000= dollari. Cresciuto all’ombra dell’impegno sociale e politico, il designer vede bruscamente spostato l’asse delle sue ideologie, e rimane sconcertato. Si apre allora oggi una fase di profonda riflessione, tesa a recuperare, tutta e solo sul “terreno estetico”, la moralità del suo operare: in questo modo è concepibile un vastissimo nuovo orizzonte progettuale, tutto da esplorare.