Riccardo Dalisi

Alessandro Mendini, 1987

La caffettiera Pulcinella, Alessi
Mi sembra che l’aspetto più fondativo del lavoro di Riccardo Dalisi, si basi ancora su quella che egli già da tempo chiamò Geometria Generativa: una specie di criterio genetico-metamorfico da applicare alba progettazione, a grande e a piccola scala. L’enunciato è questo: “La geometria generativa non è altro che un tentativo di controllare il gioco delle trasformazioni nello spazio, di registrarle in senso progressivo, di dirottarle, di maturarle, di tradurre le pressioni che vengono da altri tipi di processi in opportunità creative dello spazio; è la metodologia delle progettazioni interpersonali”. Come a dire, nel caso di questo enorme e continuamente proliferante progetto-processo di Caffettiere Napoletane: un metà-progetto formale compatto ma aperto, messo in relazione con l’anima popolare della sceneggiata. L’uso di tale geometria (cioè di un rigoroso lavoro “di design”) viene trasferito dal campo formale a quello politico, viene innescato nella storia del costume, nell’antropologia del tessuto sociale urbano e contadino, nella tradizionale vocazione RECITARE: un’idea di “design buffo”, oggetti -personaggio simili a burattini o alle statuine del presepio (ricordo pure che un interesse particolare di Dalisi è nello studio delle tecniche trasmesse oralmente da un lato nell’organizzazione agricola (specialmente nella struttura delle viti), dall’altro negli accessori aggiunti in modo spontaneo alla edilizia urbana (verande, tende, recinti), ovvero: la scenografia “generativa” per il suo popolo del caffè! L’unione di questi ibridi elementi innesca un procedimento ideativo che pure in questo caso, ma in generale per tutta l’opera di Dalisi, chiamai anni fa su Casabella “tecnica povera in rivolta”.
L’interlocutore scelto da Riccardo a co-autore di questa progettualità molteplice non è infatti nessun tipo di specialista elitario, è invece ora il bambino del sottoproletariato, ora l’abitante del vicolo, ora il vecchio o il pazzo o la strega. Una rivoluzione, uno scarto totale (RADICALE) rispetto a qualsiasi metodologia di progettazione (specialmente di quella del Bel Design...), dove saltano tempi, criteri di riferimento, tecniche di restituzione, Una strategia del frammento (sempre emozionale) e del rimando (sempre popolare), della traslazione di varie logiche, del piacere di una precisione “approssimata”, che rende imprevedibile il proliferare di ogni successivo passaggio: DALISI-LAND! Ne risulta un diario didattico-ideativo, informale e sempre aperto, sintetizzato negli slogan inventati di volta in volta: funzione del pressappoco nell’universo della precisione, l’artefatto come imprevedibilità, oggetti senza progetto, cartapestemi, produttività disperata, usucapione infantile, affabulazione spaziale... Dove la violenza debba fantasia è il riscatto contro il potere. Nell’interpretare la condizione dei nostri tempi, Dalisi usa come materiale del suo design la “dignità” delle strutture separate, del folclore, dei balordi e dei diversi, Come le sue caffettiere: diverse dal design (ma sono una proposta e un’alternativa pure “di design”) e diverse da tutte le altre caffettiere della storia... Eppure (dopo tanta fatica compiuta dall’officina Alessi e anche da me!) ecco nascere la “Caffettiera napoletana Alessi di Dalisi”), divenuta nientemeno che un VERO PRODOTTO DI GRANDE SERIE: il primo sposalizio fra le mentalità del design del nord e del design del sud. Senza scherzi, un avvenimento importante nella cultura del progetto, nell’incrocio obbligato cui tutti arriveremo.
Intanto: la caffettiera non è solo un oggetto, è proprio un’architettura, e una “specie” di persona. Ogni architetto ne ha tentato il progetto, ambisce a costruire una caffettiera, così come vorrebbe fare una torre. Poteva Riccardo sottrarsi a questo richiamo lanciatogli da Alberto Alessi? Fenomeno di costume e di ricordi fra i più intensi, attualissimo intermediario fra l’uomo e un culto antico, la caffettiera è quella macchina miracolosa che realizza il profumo e l’infuso più delizioso, che appaga una delle sensazioni più forti che l’uomo possa avere: il DESIDERIO da caffè. Dalisi ha lavorato annodando tre problemi: quello del design come metodologia, quello della caffettiera come oggetto, quello dell’uomo nelle trasformazioni del suo comportamento. Per la prima volta l’ANIMAZIONE entra nella storia ufficiale dell’INDUSTRIAL DESIGN INTERNAZIONALE; per la prima volta Totò, Eduardo, Pulcinella, gli attori di strada, l’elemosina, gli ex-voto, la disperazione, l’amore e la chiacchiera diventano “materiali concreti di progettazione industriale”.
È proprio un segnale importante, in questi tempi di post, un’idea da verificare anche molto lontano da qui…