La poltrona di Proust

Alessandro Mendini, 1987

Intendevo arrivare alla forma di un oggetto, partendo per via “letteraria”. Letto e indagato il mondo “visivo e oggettuale” di Proust, ho pensato di realizzare una sua possibile poltrona. Così, come altre volte avevo immaginato una “poltrona di Giotto” o una “poltrona di Cezanne”. In quanto a Proust, mi sono riferito da un lato alle sue descrizioni di luogo ed al senso che lui dà al passato, dall’altro lato all’ambiente pittorico che lui frequentava, l’impressionismo. Così ho trovato un valido ready-made in una poltrona di forma settecentesca, ed ho scelto il particolare di un prato di Signac, come texture che invade tutta la poltrona, nelle parti in stoffa e su quelle in legno, disfacendone la forma in una specie di nebulosa. Oltre all’idea di ottenere un oggetto “eterodosso” di design partendo da un imput improprio al normale iter progettuale, volevo anche raggiungere questo tipo di paradosso: cioè fare un oggetto esteticamente interessante partendo da un falso, perché appunto il “redesign” in questione è compiuto su una poltrona kitsch, tuttora prodotta in serie “finto-antica”. Non so bene quante di queste poltrone “Proust” abbiamo fatte, ciascuna pitturata a mano. Credo una ventina, sparse per il mondo.
(Giampiero Bosoni, Fabrizio Confalonieri, Il paesaggio del design italiano, 1972-1988, Edizioni di Comunità, Milano 1988)