Fuoco

Alessandro Mendini, 1987

Io lavoro dentro a una “prigione dorata”. La prigione dorata contiene solo delle cose conosciute: parole, problemi, affetti, oggetti conosciuti, quelli che offrono il massimo di garanzia, che danno sicurezza, che evitano l’avventura pericolosa. Perché dentro alla prigione dorata manca l’ignoto, non c’è nulla di sconosciuto: l’avventura è fuori, e la prigione è un piccolo spazio meraviglioso nella enorme dimensione dell’universo esterno. Io sono un “architetto di prigioni dorate”, che con molta “Paura” progetta la fuga. La parola paura è importante, in una ipotesi di vita che si pone anche come fuga. Distruggere tutti i ponti alle proprie spalle! Vivere la paura di quanto è davvero una scoperta, vivere l’eventualità di un comportamento eroico; oppure svolgere una vita nella quale non accade “Nulla”. Bisogno di azzeramento, necessità di riproporsi ex novo, “sapienza” che nulla accade, cose minime, stati d’animo piccolissimi; sofisticatissime, personalissime mosse minimali della gente, di “Tutta” la gente! Architettura come fuoco, senza obiettivi, senza programmi, senza qualità, senza intenzioni progettuali!