Artforum. Column N.7

Alessandro Mendini, 1987

Come è bello “progettare”. Ma come é bello anche comperare e vendere, cioè: “commerciare”! È più geniale l’artista, il mercante o il compratore? È più affascinante il gioco di colui che inventa le cose, o di quello che le compera? Sono nate assieme, sono interdipendenti queste due attività creative: dai tempi dei tempi esse sono necessarie l’una all’altra, si integrano e si compenetrano.
Avere una casa, vuole dire riempirla di mobili, di quadri, di molti oggetti necessari, e di moltissimi oggetti superflui. Si tratta dell’arredamento! In una casa normale possiamo contare un numero enorme, migliaia di piccoli e grandi oggetti, di opere kitsch o d’arte, comperati e accumulati: il magazzino,, il groviglio, la sedimentazione della nostra attitudine di potenziali, infaticabili collezionisti. Pochi fra questi oggetti sono davvero utili e belli, molti sono proprio inutili e brutti. Ma questo non importa. Anzi, questa inutilità, questa errata valutazione è invece importante: quale esercizio intellettuale, quale piacere questo egoismo di esplorare shopping-centers, mercati, cataloghi, vetrine, gallerie, pagine seducenti di pubblicità, e soprattutto le case altrui! E poi quale immenso piacere di portare finalmente a casa nostra un quadro, un oggetto, possederlo, guardarlo, metterlo in mostra. È un fascino antico come l’uomo, non è legato al denaro, é legato agli aspetti più sottili e perversi della nostra anima possessiva: più rifiuti questo desiderio tentatore, più esso ricompare e vince ancora. Ma c’è un aspetto. Quella del “comperare” e del “vendere” é anche una grande affermazione di libertà, di progettualità indiretta da parte della persona normale, condizionata a vivere dentro a case e con oggetti pensati e fatti da altri, dai progettisti, dagli artisti, dagli artigiani e dalle industrie.
Comperare sulla base di un’ampia possibilità di scelta, vuole dire esprimere il gusto, lo standard, le intenzioni personali. Significa proprio usare la “merce” come semi-lavorato, come elemento costitutivo, adatto a caratterizzare il proprio ambiente personale, piegando l’invenzione altrui al proprio gusto, al proprio contro-progetto. Più scelta c’è nella merce e sul mercato, più libero e inventivo può essere il normale cittadino. Quel sistema di oggetti, quel pulviscolo del quale si contorna ogni persona, che dai vestiti via via arriva alle sedie, ai cibi, ai quadri, alle lenzuola, ai libri, alle sculture, ai dischi, alle litografie, alla villetta al mare, è il “progetto non disegnato” esercitato in massa dai nostri contemporanei, un progetto “parlato”, perché discusso con intenditori, con i negozianti, con gli amici e i parenti. Ecco allora il sistema degli oggetti e delle opere d’arte, presentarsi come una enorme tavolozza di colori, come un lavoro di styling ripetuto all’infinito, indispensabile all’umana attitudine al cambiamento, alla differenza, alla trasformazione, alla competizione, alla personalizzazione. Finché ci saranno uomini che vogliono-scegliere, ci saranno anche nuove forme d’arte, nuove sedie, automobili, pettinature, milioni e milioni di nuove lattine di birra.