Artforum. Column n. 9

Alessandro Mendini, 1988

Come si fa a dire se una casa è bella o brutta? Lo può dire solo un professore, un critico, un grande progettista?
Assolutamente no! Ogni persona del mondo può fare la sua scelta estetica, chiunque può esprimere il “suo” giudizio, in maniera del tutto responsabile ed emancipata.
Il gusto è una sensazione, una qualità personale, intima e istintiva, e su di esso non si deve fare violenza. A me può piacere un’architettura, un mobile, un libro, una musica, che non piace alla media delle persone che frequento, che non risponde al loro gusto: è un modo attraverso il quale esprimo la mia fantasia, la mia realtà, l’immaginario, la memoria. Posso amare una cosa bruttissima sostenendo che è la più bella di tutte. Le teorie estetiche non possono dimostrarmi il contrario.
Anche i gusti collettivi possono essere molto diversi fra loro. Agli americani possono piacere delle cose che non piacciono assolutamente ai russi o ai giapponesi.
Voglio dire: il gusto è sempre di più un fatto soggettivo, e questo è un bene, coincide con la liberalizzazione di uno dei diritti fondamentali: quello dell’espressione individuale del bello. “Bello” è solo ciò che mi piace, bello è l’altro limite di quanto io credo “brutto”, il mio buon gusto è autonomo e viaggia con regole proprie, può anche corrispondere al tuo cattivo gusto.
Mi piace o non mi piace un oggetto, un divano, un cibo, un concetto di abitare, con la stessa immediatezza e autonomia con cui mi piace la disco-music o un vestito da indossare; e nessuno può dirmi niente, non esistono regole generali o astratte, siamo senza complessi e soggezioni al capolavoro, anche se esso esiste e continuerà a esistere.
Mentre l’uomo si libera dal complesso del padre, dai canoni del gusto dettato da norme e modelli estetici ritenuti oggettivi, anche gli edifici e le cose perdono gli schemi estetici prestabiliti.
Così oggi il comportamento dei progettisti stessi è molto eclettico. Una forma, purché sia davvero pensata e profonda, vale l’altra; gli oggetti neo e post-moderni tendono a essere più allegri che seri, più spiritosi che retorici, più colorati che grigi, crollano i miti che dettarono legge per tanti anni, Questa raggiunta libertà di scegliere e di decidere da soli le qualità visive dei propri oggetti non coincide, si badi bene, con l’anarchia, con l’arbitrio o con la concessione al kitsch. Significa anzi aumentare le responsabilità personali nella definizione dell’ambiente collettivo, è il mezzo a disposizione di ognuno per manifestare le sue attitudini creative, per contribuire a una visione estetica globale del mondo, frutto dei desideri di tutti gli uomini.
Saper scegliere, insomma, è molto difficile, è un ragionamento molto impegnativo e importante; ma è anche un brivido, una ricchezza, un asso nella manica messo a disposizione di tutti.