Viso umano

Alessandro Mendini, Flash Art 1988

>Espongo qui alcune idee sul “viso umano”, in quanto mezzo e fenomeno primario di auto-progettazione. Il viso umano e la maschera, in un certo modo, sono due oggetti coincidenti: essi sono sovrapposti, sono la stessa cosa, dal momento che sempre ogni viso esprime uno stato d’animo, che sempre sopra a ogni viso poggia, per così dire, la pellicola di un sentimento; e la maschera non è altro che la rappresentazione di un viso mentre esprime un sentimento. Il viso perciò è un luogo, un supporto pittorico, una superficie decorativa, addirittura può essere inteso come elemento basico del progetto del “senso” di ogni persona, di ogni uomo in quanto attore sulla scena del mondo. Ogni persona del mondo, infatti, ogni mattina davanti allo specchio, prepara il trucco, il travestimento, l’espressività di se stessa per la prossima giornata. Ogni persona è come un sofisticato ritrattista, in grado di interpretare sul proprio viso un autoritratto, una pittura, un concetto del suo apparire, catalogazione di stati d’animo del proprio personaggio. I materiali del trucco per la normale giornata di una donna sono colori, matite, pennelli e spatole, le tecniche sono linee, segni, sfumature e fondi tinta, cioè gli stessi strumenti usati normalmente anche dal pittore; e l’atto del pettinarsi assomiglia a quello di modellare e scolpire, come è per lo scultore. La storia del ritratto nasce in quanto auto-ritratto dipinto su se medesimi davanti allo specchio, con il pennello rivolto al proprio viso. La storia del ritratto si intreccia con quella del trucco. Il truccatore è un pittore ritrattista, che invece che partire dal supporto di una tela bianca, parte dal supporto della pelle di un viso nudo da animare e pitturare, per mostrarne il carattere, la forza, arguzia, dolcezza, bellezza, timidezza, tristezza, gioia, eccetera. Il truccatore (o l’auto-truccatore), nel compiere una decorazione cosmetica, compie in realtà un ‘opera di “re-design”, cioè un atto molto moderno, che è quello di progettare qualcosa partendo da una base già data e significante invece che iniziare dal nulla, di trasformare l’esistente invece che ideare ex novo. Cito in sintesi, per inquadrare l’iconografia dell’argomento, i ritratti auto-pennellati dei personaggi Kabuki, ma anche i Punk o gli auto-ritratti di Ontani. Quello che qui mi interessa proporre, in quanto poco indagato, è il tema della reciprocità stilistica, il rapporto diretto, il “triangolo” sempre creatosi, di epoca in epoca, tra il viso vero dell’uomo nel suo progetto cosmetico, ed il ritratto, e l’auto-ritratto. Van Gogh avrebbe potuto spalmare i colori direttamente sul suo viso invece che sulla tela, ottenendo una sorta di auto-ritratto vivente; così come Leonardo scruta il viso della Gioconda, ponendosi assieme come Narciso e come voyeur. Dagli indiani alla Body Art, da Schlemmer agli Atzechi, il trucco si pone come tema pittorico, come opera estetica partecipe dei linguaggi, appunto, della pittura, avendo come referente più la storia del ritratto che non quella della maschera teatrale o del costume.