Il mio rapporto con Alberto Alessi

Alessandro Mendini, 1998

Da vari anni collaboro con Alberto Alessi, che all'interno della sua azienda è il mio principale interlocutore. Il nostro metodo di lavoro è semplice: una sequenza continua, anche se non molto frequente, di conversazioni, ragionamenti, idee generali, che piano piano si concentrano in progetti, contatti, oggetti, mostre. Alberto, per un designer, è l'industriale ideale, il provocatore perfetto. Così che durante gli anni, la reciproca stima dovuta al lavoro si è trasformata in una amicizia personale, che ci ha anche condotti alla rara esperienza del progetto della sua "casa della felicità". Questa più che una casa disegnata, è stata per me una profonda ricerca psicologica, oltre che il palcoscenico teorico dove vedere collocati sperimentalmente tutti i prodotti Alessi. Fra le molte vocazioni con cui l'azienda si presenta alla realtà degli anni 90 -ed ha percorso gli anni 80- Alberto rappresenta l'elemento carismatico, l'indiscussa presenza geniale e culturale. I risultati dell'impresa sono frutto della sintesi strutturata di due anime: primo, l'esigenza di oggettività e di tradizione intrinseche alla storia dell'impresa stessa, così forti e impegnative da amalgamare tutto; secondo, le intuizioni di Alberto, che nella dialettica interna della Alessi rappresenta il polo soggettivo, il sognatore di stagioni felici, di utopie sociali e di oggetti incantati. Devo riconoscere che questa persona precisa, geniale, timida e gentile mi ha dato alcune fra le più belle occasioni del mio lavoro di progettista. Ma tutti gli Alessi, padri e fratelli, sono "pieni di storia", la classe nobile del design italiano.