Carlo Mollino

Alessandro Mendini, 2004

La formula dei “piano – sequenza” adottata da Manolo De Giorgi nell’impostare questo prezioso libro sui tre arredi fondamentali di Carlo Mollino, bene si addice all’impostazione stessa del lavoro di questo enigmatico architetto torinese. Il discorso critico e visivo di De Giorgi, infatti, è omologo a quello di Mollino, che mutuava e spesso subordinava la verità del progetto alla sua interpretazione fotografica, alla finzione onirica e scenografica. Scatole delle meraviglie, caleidoscopi di super-oggetti, miscela incandescente di classico, rococò e kitsch, organico e bolidismo, capitoné, Gaudì, giochi di specchi e gigantografie sono i piani e le trasparenze, sono le sequenze, “i materiali” della visionarietà abitativa e spaziale espresse da Mollino, in una insistente e compatta esperienza di appartamenti.
Casa Devalle, Casa Minola e il dancing Lutrario sono il patchwork, l’assemblaggio più complesso e completo, sono il capolavoro virtuosistico della dissolvenza e della sovrapposizione abitativa.
“Abitare” non in quanto funzione, ma in quanto performance esasperata al limite della teatralità esibizionista e snobistica, una concezione eccentrica ma iper-borghese di enunciare e assieme di negare le regole dell’arredo (caminetto, soggiorno- pranzo, ingresso e corridoio, salotto)  che dieci anni dopo saranno lo stereotipo degli anni cinquanta.
Non so se quel Carlo Mollino che mi immagino io, su cui ho sempre fatto fantasie, corrisponda a quello reale. Io mi sono sempre immaginato un uomo solo, molto solo, affiancato talvolta da ragazze anche essere sole, bellissime, anzi estetiche, ma fatte di fredda cipria e porcellana, appena cioè da ammirare e fotografare in reciproco astrale isolamento. E’ così che giustifico la mirabile e drammatica sequenza dei suoi pseudo-sessuali appartamentini, che per me rappresentano l’apice del suo lavoro, del suo tragico e atemporale concetto di arredamento.
Ogni suo ambiente mi sembra una navicella spaziale, proiettata nel cosmo, preparata e specializzata per isolare la mente e il corpo dell’abitante, ma specialmente di Mollino stesso, dal contesto delle relazioni e dell’intero mondo. Un uomo solo, molto solo. I suoi mobili? Ossa di dinosauri, al di là dei secoli e dei luoghi. Ogni sua garçonnière? Una plancia senza finestra e senza rumore, immersa nel buio e nel vuoto siderale.
Tutte cose, tutti capolavori distrutti, svaniti nel nulla, e trasformati perciò in pura e astratta memoria.