Amo Philippe Starck

Alessandro Mendini, 2005

Amo Philippe Starck, ma non in questo oggetto. Non è certo questa trovata a far tremare oggi le strutture del design. Sedie a forma di garrota, immagini di svastiche, falci, martelli, bombe a mano, ed altro, si susseguono sulle mute forme delle cose da più di trenta anni, con forza d’urto proporzionale alla loro più vecchia annata. Se un tempo furono segnali forti, ora sono retroguardie a scandalo zero, dei semplici gadget. Questa lampada di Starck è impostata sul classico procedimento del Kitsch: prendere un oggetto (Tour Eiffel o rivoltella) cambiare la funzione, trasformarlo in abat-jour. OK, va bene, il cattivo gusto del Kitsch è interessante e normale, mi piace. Ma qui c’è un secondo grado di cattivo gusto, un cattivo gusto al quadrato. C’è anche quello perverso, cioè, dell’ironia sulla violenza. In questo momento durissimo dell’umanità non me la sento di approvare la presenza, nei salotti eleganti, di oggetti che fanno mondane performances attorno alla violenza. Non sono così snob.
Ricordo invece, quasi con nostalgia, i grossi bossoli, i proiettili di ottone divenuti vasi da fiori, spesso cesellati, sulle antiche credenze delle case contadine. Quelli non erano giochi di finzione, erano oggetti-documento e drammatica rappresentazione.